Gli ostacoli di Ritalia. 2: eran 300 giovani e forti
Posted by Walter su giovedì, 5 aprile 2007
Sabato scorso, 31 marzo, a Milano si è lavorato.
Ci si è chiesti: può un gruppo di volontari autoorganizzati arrivare
ai risultati che un consorzio internazionale di imprese ha mancato? E se sì, come?
Lo scorso sabato, al RItaliaCamp, la Grande Domanda che nessuno voleva fare era proprio questa. Perché da un lato lo stesso svolgersi del Camp è stato un successo incredibile, qualcosa di inaspettato. In questo Paese, di solito, senza almeno una discarica di scorie radioattive o un traforo o almeno una velina a fare un’ospitata non si dà che la cittadinanza esprima un minimo di interesse fattivo. Scandalizzarsi perché il sito governativo sul turismo è una ciofeca? Chi ci avrebbe scommesso?
E invece. La portata di quello che sta succedendo è stata chiara a tutti. Non erano tanto le televisioni, le radio, il trafiletto qui e là: per quelli, basta una smutandata all’uscita del taxi. Era veder arrivare (e in orario) il vicepresidente Public Sector e la responsabile Comunicazione di IBM, e il rappresentante dell’ENIT, vederli sedersi fra di noi e ascoltare. Non fare comunicati e annunci, ma ascoltare. E poi, parlare. Di nuovo senza annunci, con calma.
Venuti non a mettere il cappello, ma a confrontarsi con la comunità degli esperti. Sabato a Milano si è lavorato. Avrei voluto che arrivassimo a definire un documento programmatico, ma quando metti assieme 200 persone senza un programma preciso, già arrivare a sera in modo organico ha del miracoloso.
Beh, il miracolo c’è stato. Ora cominciano i problemi. In quanti
continueremo, dopo il Camp? C’è un curioso studio di Jakob Nielsen sulle comunità virtuali, dal quale emerge quello che si chiama regola del 90/9/1“, una specie di regola di Pareto per la sociologia; in pratica, su 100 persone che fanno parte di una comunità:
- 90 sono lurker, passano il tempo a chiacchierare e vedere cosa succede
- 9 sono propositive
- 1 fa.
Vuol dire che RItalia si ridurrà presto a 3 persone? In quel caso sarebbe una ben misera fine per un inizio così spettacolare.
Personalmente, mi aspetto una certa moria naturale, ma anche che si formino tre o quattro gruppi di interesse in grado di produrre documenti di indirizzo.
RItalia non può (né deve) rifare italia.it; sarebbe ridicolo
aspettarselo, oltre al fatto che per quello ci sono persone pagate apposta.
Quello che RItalia può fare è ciò per cui è nato:
rifondare il progetto italia.it, fornire idee e competenza. Sotto forma di documenti formali, che possano essere analizzati e su cui si possano basare le future evoluzioni di italia.it. O in qualsiasi altra forma possa essere necessaria.
E’ chiaro che lo “zoccolo duro” di RItalia non potrà sostituire il consorzio di imprese a cui italia.it è affidato. Ciò che mi aspetto è
qualcosa di più, e di meglio. Dopo vent’anni, sapete, credo ancora alla professione che mi sono scelto: l’informatica è la scienza, e l’arte, di risolvere problemi… Sabato scorso, per la prima volta degli appaltatori pubblici e la comunità degli esperti si sono incontrati per lavorare assieme. Noi RItaliani possiamo fornire competenze, idee, entusiasmo; loro hanno risorse, uomini e
tempo. E, non scordiamlo, un lavoro da finire. Insieme possiamo trasformare italia.it in qualcosa che serva davvero. Gli americano la chiamano win-win, una situazione in cui entrambe le parti vincono.
Io la chiamo un Paese che si riscopre meglio di ciò che sembra.
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